Affinché la lotta allo stigma non diventi indifferenza, Istituzioni, policymaker, clinici e associazioni di pazienti hanno messo la Salute Mentale al centro dell’Agenda 2025. Un argomento che l’attuale Governo, come sottolineato da Ministro della Salute, Orazio Schillaci ha affrontato da subito “con l’istituzione di un Tavolo tecnico incaricato di aggiornare il Piano di Azioni Nazionale sulla salute mentale, un documento che mancava da dieci anni e ormai inadeguato a rispondere in maniera efficace ai bisogni dei pazienti con questi disagi e che necessitano di risposte più efficaci. Il Piano, che è molto atteso, è in via di definizione e contiamo di condividerlo con le Regioni entro i primi mesi del nuovo anno”. Tra le misure dell’attuale esecutivo spicca il rifinanziamento del bonus psicologo, un passo che lo il Ministro Schillaci definisce “importante”, pur rappresentando “solamente una misura tampone. Per il prossimo anno vorremmo avere a disposizione dei fondi più strutturati che ci permettano di rispondere ai bisogni soprattutto dei giovani”, sottolinea il Ministro, in occasione di “Salute Mentale: Agenda 2025”, evento promosso e organizzato da Inrete, con l’obiettivo di disegnare un percorso cruciale per costruire un sistema più equo e capace di rispondere alle crescenti esigenze dei pazienti e individuare risposte organizzative alle principali questioni emergenti.
Il Tavolo tecnico sulla salute mentale
La salute mentale, storicamente trascurata nel panorama sanitario nazionale, si conferma, infatti, una priorità da affrontare per il Paese. Un’indagine IPSOS stima, infatti, che nel nostro Paese il 28% della popolazione soffra di disturbi mentali: dato in crescita di sei punti rispetto al 2022. Cifre che mettono la salute mentale tra i primi posti nell’agenda di Governo, così come sottolineato dallo stesso Ministro Schillaci durante l’apertura dei lavori, con l’istituzione di un Tavolo tecnico dedicato, coordinato da Alberto Siracusano, Professore emerito di Psichiatria all’Università Tor Vergata. “Il tavolo tecnico ha aperto i suoi lavori un anno e mezzo fa, un periodo durante il quale è stato possibile agire su più livelli – racconta il Prof- Siracusano -. Innanzitutto, abbiamo dato ascolto agli enti ed alle istituzioni che si occupano di salute mentale. Contemporaneamente, è stata avviata la stesura di un nuovo Piano per la Salute Mentale, considerando che il suo ultimo aggiornamento risale al 2013, che speriamo possa essere attivo già dalla metà del prossimo anno. Tra i suoi punti salienti ci sono i nuovi modelli di cura che riguardano la transizione dai 16 ai 25 anni, un momento estremamente critico in cui molti pazienti si ‘perdono’, compromettendo la loro aderenza alle cure. Ancora, ci stiamo occupando della sicurezza sia degli operatori, che degli utenti, attraverso la definizione del ‘Risk Management’. Abbiamo iniziato una collaborazione con l’Istituto superiore di sanità con cui speriamo di elaborare delle Linee Guida sulla depressione, considerando che in Italia non ce ne sono. Un altro punto che ci sta a cuore è la promozione della salute mentale genere-specifica, in particolar modo delle donne durante il peripartum. A tal proposito abbiamo redatto un Documento, che speriamo sia fruibile dai primi mesi del 2025, in grado di offrire linee guida specifiche in tema di prevenzione. Puntiamo ad una nuova cultura della salute mentale, partendo dai banchi di scuola, dai più giovani, affinché sia messa in atto una collaborazione che coinvolga l’intera società civile”, evidenzia il Coordinatore del tavolo tecnico Salute Mentale.
Il Dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie
Importante anche il contributo del Dipartimento della prevenzione, della ricerca e delle emergenze sanitarie del Ministero della Salute: “È in grado di prevenire i disagi mentali – spiega Maria Rosaria Campitiello, a Capo dello stesso Dipartimento – . La salute mentale non deve essere uno stigma, è necessario parlarne e farlo nel modo giusto. Intercettare il disagio mentale è una sfida non solo sanitaria, ma che riguarda anche l’istruzione, il lavoro, la società e la giustizia sociale. Per questo, è necessario offrire ampio spazio alla prevenzione e il Prevention-Hub ne è un esempio. Si tratta di un’infrastruttura strategica che renderà protagonista proprio la salute mentale e la prevenzione del disagio mentale, coinvolgendo tutti i dipartimenti di prevenzione e facendo rete non solo con gli istituti di ricerca, ricovero e cura, ma anche con le aziende, con le Regioni, con i nostri enti vigilati e con le università, proprio per creare un sistema organizzato, che renda i servizi di Salute Mentale omogenei nei vari territori della Penisola”, aggiunge Campitiello.
La depressione maggiore
In Italia la depressione, ed in particolare la depressione maggiore, rappresenta una delle grandi emergenze nell’ambito della salute mentale. “Questo è dovuto sia all’impatto dei numeri, parliamo infatti di circa 5mila euro per paziente di soli costi diretti sanitari – consapevoli che il 70% dei costi totali sono costi indiretti -, sia perché molto spesso è una patologia silente che tende ad isolare anche le persone ed abbattere il livello di aderenza alle cure e ai trattamenti – spiega Eugenio Di Brino, Ricercatore ALTEMS, Co-founder & partner di Altems Advisory, Università Cattolica del Sacro Cuore -. Investire in programmi di prevenzione e diagnosi precoce aiuta non solo il paziente ma anche il Servizio sanitario nazionale e il sistema produttivo del nostro Paese tenendo presente che in Italia, una quota contenuta di adulti (poco più del 6%) riferisce sintomi depressivi e percepisce compromesso il proprio benessere psicologico per una media di quasi 16 giorni al mese”.
La voce di pazienti e caregiver
L’ampio spettro delle patologie riconducibili all’ambito della salute mentale interessa in Italia circa 16 milioni di persone. Prevenzione e approccio olistico possono contribuire a contrastare un fenomeno in crescita soprattutto nelle persone nella fascia di età 18-34, nelle donne in gravidanza e nel primo anno dopo il parto. Un numero questo destinato ad aumentare, un fenomeno non sempre facile da riconoscere e che impatta anche sulle famiglie e sulla rete di relazioni che ruotano intorno ad ogni singola persona affetta da queste forme di disagio. Relazioni sulle quali incidono inevitabilmente le conseguenze di malattie spesso invisibili, oggetto di stigma e a volte difficili da diagnosticare. Ad accendere un faro sul tema è Felicia Giagnotti, Presidente Progetto Itaca: “La malattia mentale di una persona cara all‘interno della famiglia travolge radicalmente la quotidianità e la serenità di tutti i membri della famiglia stessa. Molti caregiver, prevalentemente donne, sono costretti ad abbandonare il lavoro e a ridurre il tempo per sé. Talvolta tutto ciò provoca sofferenza e disagio che può trasformarsi anche in depressione. È necessario sostenere il caregiver sia con supporti economici quando necessario, sia rafforzando il collegamento tra famiglie strutture territoriali e terzo settore in modo che la persona con problemi di salute mentale accanto alla cura possa trovare spazi di inclusione e di socialità alleggerendo il carico famigliare. La nostra Associazione, con la sua attività quotidiana, punta proprio in questa direzione: offriamo supporto ai familiari attraverso gruppi di autoaiuto, corsi di informazione e di formazione, contribuiamo alla creazione di una rete di supporto che graviti attorno alla famiglia, collegandoci anche con le altre strutture presenti sul territorio. Da molti anni proponiamo diversi progetti per l’inclusione sociale e lavorativa delle persone affette da malattia mentale e siamo convinti che questa sia la strada maestra che dovrebbero seguire non solo le strutture del terzo settore, ma anche quelle pubbliche”, dice Giagnotti.
Il contributo dell’industria
All’evento “Salute Mentale: Agenda 2025” hanno preso parte anche i rappresentanti dell’industria: “Johnson and Johnson Innovative Medicine ha una lunga storia nel trattamento e nell’individuazione di soluzioni terapeutiche che possono essere accanto ai pazienti che soffrono di disturbi mentali – spiega Monica Gibellini, Government Affairs Policy & Patient Engagement Director Johnson & Johnson Innovative Medicine Italia -. Era il lontano 1953 quando Paul Hansen decise di concentrare i propri studi per affrontare queste patologie e per offrire delle soluzioni terapeutiche che hanno cambiato completamente il paradigma e il trattamento di queste malattie. Oggi abbiamo deciso di portare il contributo della nostra azienda che si esplicita anche attraverso quelle campagne di sensibilizzazione che permettono non solo a coloro che soffrono, ma anche alle loro famiglie, di venire a conoscenza dell’esistenza di soluzioni terapeutiche che possono venire incontro alle esigenze dei pazienti, soprattutto con un disturbo depressivo maggiore e consentire, quindi, di uscire da quel labirinto che li tiene racchiusi. Come Johnson and Johnson abbiamo, infatti, lanciato una campagna, la scorsa settimana, ‘Out of the Maze’, ovvero al di fuori del labirinto, per permettere ai pazienti di conoscere quelle che sono le opportunità terapeutiche e quindi di liberarsi il prima possibile dei disturbi di cui soffrono”, commenta Gibellini.
Verso un approccio “One mental health”
La giornata si è conclusa con l’impegno comune di istituzioni, esperti e associazioni di pazienti a promuovere una nuova cultura della salute mentale in modo innovativo e attraverso una visione olistica che abbracci tutta la persona grazie ad un approccio “One mental health”. L’incontro offre l’occasione per affrontare temi delicati e complessi, come le nuove psicopatologie legate alla transizione adolescenziale, la depressione peripartum, l’importanza dell’integrazione tra ospedali e territorio, gli interventi necessari per superare lo stigma di cui troppo spesso sono oggetto i pazienti affetti da problematiche legate alla salute mentale e rappresenta l’occasione per un confronto sui livelli di assistenza regionali.
di Isabella Faggiano